Come ho già accennato in altre pagine, il periodo giovanile della mia pittura è stato scandito dall’alternanza di due percorsi paralleli e alternativi come la funzione di un onda quantica e il suo stato d’indeterminazione. Questa duplice modalità è stata, a parer mio, in parte facilitata da alcune tele di grandi dimensioni che ho dipinto con entusiasmo febbricitante, rappresentandovi scene dell’iconografia cristiana. Mi trovavo a percorrere, in quegli anni, strade nettamente opposte ma convergenti: ogni nuovo dipinto era un mondo diverso che popolavo di strane creature. Davo forma ad un magma di visioni cupe, tenebrose, macabre fino all’eccesso e ad arcani mondi ovattati fra magiche atmosfere che dovevo spesso interrompere, per motivi di committenza legata al sostentamento quotidiano, per dipingere madonne, ritratti e molti, molti paesaggi.
Accadeva di frequente, specialmente nella fase creativa di un soggetto sacro, di sentirmi disorientato, catapultato in un mondo diverso, lontano dagli inferni fantastici gremiti da miriadi di figure grottesche. Dovevo tagliare il cordone ombelicale che mi legava alle dimensioni oniriche, ai mondi oscuri che riuscivo a definire sulla carta, in brevissimo tempo, con un disegno spontaneo, essenziale. Ricordo perfettamente quando riuscivo a delineare la moltitudine dei corpi e le figure di primo piano, disegnandole liberamente, solo con la mia immaginazione, usando il pennello e, talvolta il palmo delle mani. Una volta terminato l’abbozzo dell’insieme, con una grossa pennellessa contornavo poi la scena, isolandola dallo spesso impasto cromatico che, steso precedentemente, formava la “preziosa” base del dipinto. Nella maggior parte delle tele di quel periodo (anni Settanta-Ottanta) il soggetto e il tessuto cromatico mi venivano suggeriti da una particolare sensazione per me indefinibile ed inquietante che ora però, riconosco come vero momento magico e ponte con il “trascendente”. Diversamente, nei dipinti a soggetto sacro, cercavo di ordinare le mie immagini rispettando i canoni aurei e le geometrie di Fibonacci, la cui importanza in pittura però mi è apparsa, in tutta la sua chiarezza, solo dopo gli anni dell’Accademia di Belle Arti, dedicando me stesso al disegno, all’anatomia e alle tecniche pittoriche.

Deposizione dalla Croce I , 1988 tempera e olio su tela, cm 400×310 (Opera pubblica parzialmente distrutta per atti vandalici)
Ho imparato così a cogliere diversi aspetti insiti nelle opere di molti maestri del passato, come il magico uso della prospettiva nei dipinti di Piero della Francesca, Flagellazione di Cristo, di Masaccio, Cristo sulla Croce e di Leonardo, affrontando poi le grandi tematiche del Cristianesimo con umiltà e paziente lavoro e di volta in volta di applicare e rispettare gli schemi della spirale logaritmica e i rettangoli radicali. Ora dopo anni di esperienza nel disegno e nella pittura, riesco a vedere il grande desiderio e la volontà di imparare i segreti del dipingere che albergavano nel mio giovane animo, dando un grande senso alla mia esistenza. Di sovente, la notte ripenso al mio passato e mi affiorano alla mente le immagini nitide e chiare dei momenti in cui la mia vita di giovane pittore correva e si consolidava sull’ indeterminazione. Era uno strano modo di vivere la pittura: quando dipingevo le mie paure e gli incubi, mi vedevo impegnato, davanti ad una grande tela, ad un a scena sacra e mi sentivo vicino ai grandi maestri del passato; diversamente quando lavoravo ad un dipinto di ispirazione sacro cristiana, sentivo i miei sensi rifugiarsi nel profondo dell’anima e mi identificavo in un tormentato pittore del visionario. Se ripenso alle stranezze comportamentali di quel tempo, vedo il mondo come parte infinitesimale di un multiuniverso caotico indeterministico nello stesso tempo quando analizzo l’habitat umano in rapporto al macrocosmo mi appare chiaro il concetto di “libero arbitrio”. Criptico nella “sua arcaica trascendenza “costituisce l’essenza e il fine della nostra realtà. Apre tutti i possibili futuri giustificando le azioni, le preferenze, gli stili e gli interessi come eventi non casuali, ma prove di programmi individuali che le nostre stesse scelte concretizzano. Per questo motivo, ogni qualvolta, ci troviamo a dover scegliere, innanzi a noi, la realtà si duplica in una sua coppia speculare e con essa i percorsi, e le strade dei nostri destini si biforcano: la preferenza giusta concretizzerà i nostri sogni, con quella errata prenderanno forma i nostri incubi. La realizzazione di noi stessi, come tramanda il pensiero pitagorico, il più delle volte si attua scegliendo il cammino più periglioso, stretto, dissestato che, nell’ermetismo, è conosciuto come la via stretta. Con la grande tela la “Madonna di Monte Carmelo”, da me dipinta e donata nel 1980 alla Chiesa del Carmine di Sarzana, è iniziato un lungo periodo interamente dedicato alla ricerca pittorica e allo studio del pensiero Tradizionale che non ho mai più abbandonato. Molti i soggetti religiosi da me affrontati nelle diverse opere presenti sia nella Chiesa del Carmine di Sarzana Adorazione dei Magi, Pentecoste, Battesimo di Cristo e Madonna del Monte Carmelo, che nella Chiesetta di Scogne Crocifissione e nel Santuario Madonna del Portone di Fosdinovo Deposizione nel sepolcro, fino ad arrivare alla Deposizione dalla Croce II, alla quale sto lavorando da ormai dieci anni, contemporaneamente a molte altre opere da me realizzate in questo lungo periodo e su tematiche non legate al sacro. Questa grande tela di quattro metri per tre, popolata da molti personaggi posso considerarla l’opera della mia maturità ed è attualmente in fase di ultimazione. Sentivo, fin dagli anni del Liceo Artistico, un particolare interesse per la pittura fiamminga del ‘400 e ‘500: Bosh rappresentava per me il “Maestro ante litteram” della raffigurazione metamorfica e grottesca. I miei interessi pittorici erano un tempo rivolti esclusivamente all’aspetto fantastico e visionario che esternavo quasi del tutto gestualmente, ma con il dipinto Madonna del Carmine, l’Adorazione dei Magi e la Pentecoste inizia un nuovo periodo espressivo; nella pittura sentivo necessità di un sub-strato culturale, non mi soddisfacevano più i dipinti ridondanti di figure e di colori dettati dal puro istinto. Ero attratto nel profondo dal periodo medioevale e dai pittori del Quattrocento Fiorentino, ero affascinato dai dipinti sacri di Giotto, Cimabue, Duccio…percepivo in essi un senso del Trascendente, una profonda sacralità sublimata che desideravo inseguire,capirne la vastità e, nello stesso tempo, la sintesi. Nelle mie prime tele a soggetto sacro, che ho dipinto nell’arco di diversi anni, mi sono cimentato con le numerose difficoltà tecniche formali proprie della pittura antica, ma anche con la concettualità filosofica del pensiero Umanista e Neoplatonico. Questi particolari aspetti del Sapere hanno poi, negli anni, attratto la mia curiosità verso il mondo degli archetipi e il simbolismo universale, settori della Scienza Sacra determinanti per un pittore all’Antico Modo e tuttora priorità indispensabili per la mia ricerca sul trascendente nell’arte che, dagli anni della gioventù, non ho mai abbandonato. Sono stati di grande aiuto gli insegnamenti di Renè Guenòn, Erwin Panofsky e Julius Evola preziosi nel percoso verso la Classicità greca e la Tradizione Occidentale….

La Trinità, 1980
tempera all’uovo e tempera a colla su fondo oro zecchino su tavola, cm 200 x 180
collezione privata
Il ricordo dei miei primi dipinti sacri mi riporta negli anni Settanta-Ottanta e mi vedo, totalmente
estasiato dalla magia delle icone Russo Bizantine e dalla bellezza teologica dei loro colori. Ero totalmente rapito da quel nuovo universo di canoni aurei, suggestive iconografie e antichi ricettari per la tempera all’uovo, ma l’argomento su cui mi sono soffermato maggiormente, riguarda la preparazione spirituale e la conoscenza tecnico formale dei monaci pittori di icone. Mi colpiva particolarmente l’enorme conoscenza che i monaci ortodossi acquisivano con anni di studio e meditazione su antichi testi pergamene, bestiarii miniati, trattati di zoologia fantastica dissertazioni teologiche su i vari archetipi e simboli universali, già dall’antichità ritenuti conoscenza indispensabile per il monaco pittore di icone.