Oh, fosse un lungo sogno questo mio tempo giovanile!
Se più non mi destassi finche il raggio
di un’Eternità non mi recasse il mattino!
Foss’anche un sogno d’affanni ,
pur sempre più l’amerei che quest’oscuro
vivere diurno: e poi uno, poi,mil cui cuore
sempre fu invece, su questa terra di gelo,
e fin dal suo nascere ardente groviglio e caos!
da Sogni di E. A. Poe
Ho viaggiato nell’ abisso, con l’abisso, per l’abisso in cerca di “Ctulhu il dormiente”.
Ero totalmente unito a Lovecraft che il dipingere aveva preso un significato totemico per me; le ignomigne che rappresentavano, appartenevano alla mitologia lovecraftiana: esseri mostruosi in continue e orride metamorfosi emergevano dalla mia penna o pennello, come la sua mano invisibile guidasse la mia. E’ stato per me, uno dei momenti più visionari della mia gioventù: visioni, terrori, sensazioni che qualcuno di abominevole ci stesse osservando dagli anfratti più impensabili della nostra quotidianità.
Esseri di altre dimensioni capaci di interconnettersi con la nostra ,attraverso gli angoli di ogni struttura che costituisce l’habitat di noi umani, proprio come nel suo racconto I Saggi di Tindalos.
Molte volte era il buio cielo della notte ad essere popolato di strani ed inquietanti esseri alati, con il loro richiamo o canto simile a quello dei Caprimulghi, mi incatenavano a scrutare la tenebra. In quei momenti, come il grande scrittore di Providence mi aveva insegnato con la sua narrativa, pensavo all’orrendo Cthulu quando si levò dal profondo e si scagliò furiosamente contro i Guardiani della Terra ,come essi legarono i suoi artigli velenosi con potenti sortilegi e lo rinchiusero nella città di R’Lyh dove, sotto le onde, egli ora dorme il sonno della Morte, fino alla fine del prossimo ed ultimo Eone. Le mie sensazioni per il buio che ,fin da bambino mi avevano condizionato l’esistenza, avevano trovato in questo grande narratore gotico una conferma.
Ora però, a distanza di anni, dopo un lungo cammino nella ricerca espressiva e con la mente formata da interessi e studi scientifico-umanistici, riconosco che la vera fonte di ispirazioni, immaginazioni, visioni che mi ponevano in sintonia con Lovecraft, era la sua stessa cultura in campo esoterico, che riuscivo a filtrare, prima inconsciamente in modo totemico e analizzandola poi sempre di più. Lo scrittore nel suo fantastico e orrido Pantheon, aveva occultato antichissime tradizioni argomentate anche dalla Goldendawn del primo ‘900, di cui lui stesso era un componente: storie che costituiscono le fondamenta della inquietante, quanto antica, mitologia Sumera, oggi svelata nella sua cosmica e misteriosa origine dallo studioso russo Zecharia Sichtin. Secondo questi studi e ricerche, esistono molte affinità che accomunanno gli Annunaki Sumeri, gli antichi Dei lovecraftiani.

La Morte, i suoi mille volti e il Santo, 1987
inchiostri e acquarello su carta di riso, cm.60×47
collezione privata
Io in quel tempo, forse, ne percepivo il sottile confine. I racconti e la poetica di questo particolare scrittore americano, mi portarono indubbiamente verso una ricerca storico-scientifica e artistica che non ho mai più abbandonato. Così scriveva: “gli antichi furono, gli antichi sono, gli antichi saranno”.
Dalle stelle oscure essi vennero prima che l’uomo nascesse e invisibili e tremendi essi discesero sulla Terra Primordiale. Sotto gli Oceani essi attesero il susseguirsi delle ere, fino a che i mari erruttarono la terraferma ed essi si riprodussero a legioni e la Tenebra regnò sulla Terra. Ai poli gelidi, essi eressero città possenti ed in luoghi elevati i templi di coloro che la natura non conosce e che gli Dei hanno maledetto.
E la Stirpe degli Antichi ricoprì la terra e i loro Figli e i loro Figli perdurarono nei secoli. Nel Pantheon lovecraftiano, le antiche divinità Sumere sono racchiuse e impersonificate da creature abominevoli e orrende come “I Magri” che cavalcano la notte e che hanno popolato i miei incubi notturni; il grande Cthulu è loro fratello e anche, se ora dormiente, ritornerà sulla terra per riprendere quello che era suo.

I Fiori del male N. 2, 1980, acquarello, carboncino e inchiostri su carta fatta a mano, cm 100 x70
collezione privata
Dipinto: Trittico La porta delle streghe
(periodo Nero/Viola)
La mitologia Lovecraftiana era diventata per me l’unica verità, una vera e propria visione deistica dell’universo. Posso dire che quegli anni, per me, oltre che proliferi di dipinti e disegni lo furono anche come studio e ricerca. Ho cercato di approfondire la conoscenza di alcune lingue antiche e morte, come l’aramaico e l’assiro-babilonese, anche se su questi ultimi mi sono fermato dopo aver capito e cercato di ricordare tutti i suoni del loro alfabeto questo per poter entrare nella lettura e capire i segreti dei testi che ritengo fondamentali per un approccio alla magia rituale sumero-assira, egizio e ebraica che sta alla base di tutti gli alfabeti usati nelle antiche iniziazioni. Forse in me esisteva l’ambizione di poter giungere da solo alla lettura e alla conoscenza dei testi sugli incantesimi della demonologia Sumera che sta anch’essa alla base e ancora oggi ne sono convinto, della tradizione magico religiosa ebraica, culla del cristianesimo ed elemento ancora più importante, questi testi detengono le chiavi dell’antica conoscenza della nostra origine e del rapporto con entità di altri universi e dimensioni che anticamente convivevano con noi. La magia cristiano-medioevale non è altro che una trasformazione ed appropriazione di antichissimi miti e divinità occultati e custoditi dagli affiliati della Golden Down (gruppo magico-esoterico di cui anche la archeosafa Blavatsky ne era componente e mio punto di riferimento per quanto riguarda questo argomento).
Lovecraft, nei suoi racconti, ha cercato di lasciare dei messaggi ,piccole tracce per coloro che riescono a percepire alcune verità. Io non so se posso aver fatto pienamente luce sulla vera origine di questo Pantheon, ma ho sentito un asse di congiunzione fra queste lontane entità e le forze che la Chiesa etichetta come demoni e progenie sataniche. La scienza invece cerca di darne una logica collocazione definendole forme di energia e forze oscure. Nei dipinti del periodo Lovecraftiano, le creature del mondo magico occidentale che raffiguravo, conosciute come Streghe, Demoni, Lemurs, Vampiri…, erano invece per me le stesse entità che lo scrittore di Providence definiva essenze del profondo abisso cosmico e dell’universo interdimensionale. Percepivo come ho già accennato una realtà parallela nascosta ai più, fatta di tenebre a cui si può accedere alle antiche divinità e sempre secondo lo scrittore, con rituali blasfemi. Questo è quanto conferma il celebre mago, discepolo di Crowleyn, Kennet Grant, nel suo volume edito da Ubaldini (Roma, 1974) e nel “ Il risveglio della Magia”, paragrafo, tradotto integralmente nel IV volume di “Magia Pratica”, edizioni Mediterranee a cura di J. Sabellicus, dove spiega una sua teoria secondo la quale Lovecraft era direttamente ispirato e guidato nella narrativa, dalle medesime entità abominevoli e cosmiche del mondo atlantideo. Evidenzia come numerosi studiosi praticassero rituali di magia operativa evocando divinità appartenenti ai miti antico-sumeri di Ctulhu, analizzando rituali appositamente adattabili ,contenuti nei più famosi e cosidetti “libri proibiti”, come l’Lemigeion di Salomone, il IV volume del Pseudo Agrippa e l’Aeptameron di Pietro d’Ebano. Questo mondo tenebroso è confinante con la nostra tangibilità, vi si può accedere dopo un rituale attraverso gli specchi e gli angoli dei muri e dei macroggett: tutto ciò che ha forma geometrica e può diventare una porta di entrata per quelle creature d’incubo e per il loro mondo. Ossessionato da queste insolite credenze, consideravo gli stessi dipinti (tavole e tele rettangolari) barriere invisibili con altre dimensioni. E’ così che è nato il Trittico su tavola La Porta delle Streghe: tre creature ghignanti con mani con unghie adunche dipinte di getto con spesse pennellate e usando solo tre colori: nero, bianco, rosso. Non a caso sono i colori dell’ Opera Ermetica: Nigrado, Albedo, Rubedo. Appartenevo al Nero: in quei momenti stavo sul confine del loro mondo ed oggi, ripensando a quel dipinto, si focalizza davanti a me una sua frase che se allora mi atterriva, ancora oggi mi riempie i angoscia. Dunque la mia non era una orrenda visione di entità maligne, ma solo la convinzione che il mondo materiale si fosse rivelato come un velo che celava una altra realtà più profonda e angosciante.
di Piero Colombani