PERIODO ONIRICO – Dream Period

Penso che tutta la mia pittura sia il prolungamento di un unico sogno perché la vita stessa si articola, si allunga, si accorcia, si allarga come se fosse un sottilissimo filo privo di dimensioni. Così come un sogno, essa può svanire lasciando il posto ad una moltitudine di incubi . Questi albergano in ognuno di noi, ma i sogni sono i nostri angeli custodi: vigilano sulla nostra anima togliendola dai pericoli; ma gli incubi sono legami su legami, anche se per poco, riescono molte volte a trascinarci eludendo coloro che vigilano sulla nostra salvezza.

 

I tre stadi dopo la morte, 1985 olio su tavola, cm 250x200 collezione privata, Milano

I tre stadi dopo la morte, 1985
olio su tavola, cm 250×200
collezione privata, Milano

Gli abitanti del profondo (dedicato a H.P. Lovecraft), 1980 olio su tela, cm 200 x 150 collezione privata

Gli abitanti del profondo (dedicato a H.P. Lovecraft), 1980
olio su tela, cm 200 x 150
collezione privata

Attraverso le intersecazioni degli angeli e al di la di un qualsiasi specchio nel mondo tenebroso. Realtà o finzione? Non lo sapremo mai finchè faremo parte di questo gioco. I sogni, le visioni oniriche, possono essere anche viaggi interdimensionali, gli stessi Iniziati della Goldendawn, o Alba Dorata, dicevano che prima di tutte le cose ,secondo quanto è scritto in un loro rituale, vi è il Caos, la Tenebra e le Porte della Terra nella Notte. In questa notte caotica e così ciecamente chiamata Vita, una notte in cui lottiamo, fatichiamo e combattiamo incessantemente senza nessun scopo razionale dove noi, comuni esseri mortali, procediamo a fatica impegnati in vari compiti.

 

Le prove dell’immenso impero della notte, alludono in modo eloquente alla schiavitù materiale che noi stessi abbiamo creato…una schiavitù che ci lega alle circostanze, a noi stessi, a prove di ogni genere. Ci vincola alle cose che odiamo che disprezziamo, fino a quando ci siamo chiaramente resi conto di essere prigionieri della tenebra. Una tenebra interiore. Cominciamo allora a cercare quel qualcosa che disperderà la notte, arresterà la continua proiezione esteriore dell’oscurità che acceca le nostre anime. Il dipingere è stato per me, spesso, in quegli anni difficili, un atto rigenerativo: materializzavo il loro buio mondo per distruggerlo e annientarlo con la luminosità dei colori e dando forma a quelle essenze e creature impalpabili del nulla.

La ricerca della Sacra Pietra, 1978 tempera e olio su tela, cm 400 x 250 collezione privata

La ricerca della Sacra Pietra, 1978
tempera e olio su tela, cm 400 x 250
collezione privata

I Nibelunghi,1976 olio su tavola, cm 250 x 170 collezione privata

I Nibelunghi,1976
olio su tavola, cm 250 x 170
collezione privata

La Necropoli dei Titani, 1992 disegno a carboncino, cm 170 x 80 collezione privata

La Necropoli dei Titani, 1992
disegno a carboncino, cm 170 x 80
collezione privata

 

 

 

 

Dipinto: Urlo assurdo di una mosca gialla

Dimensioni e mondi tenebrosi illuminati da un sole sempre sul fare del tramonto, dove insetti giganteschi, elementi di vita senziente, lottano per vivere contro una natura ostile e malvagia.

Urlo assurdo di una mosca gialla, 1975 olio su tavola, cm 250 x 200 collezione privata

Urlo assurdo di una mosca gialla, 1975
olio su tavola, cm 250 x 200
collezione privata

Naturalmente l’istinto e la coscienza pongono le specie animali in una posizione quasi privilegiata :il non pensare ai misteri del divenire come morte, vita, piacere, dolore e l’eterno dualismo insito nella natura umana, è per esempio, agli insetti, precluso e questo trovo sia poi, un privilegio .Una peculiarità delle forme di vita ,così classificate inferiori.

Io penso invece ,che la sofferenza quotidiana sia indice di questo ,anche se qualche volta la sofferenza è il preludio a momenti di intensa felicità come nella poetica dei Surrealisti : come potrebbe una mosca piangere sulla morte di un amico o sorridere e gioire per un evento familiare? Orde di zanzare-tigre in lacrime dopo la visione raccontata nel film “ Canne al vento”? Anche la rabbia ,la furia esasperata, un puro sentimento di invidia ,non può coinvolgere un gatto siamese. Creature tutte ignare della loro sorte….ma nei mondi possibili celati ai sensi esteriori può essere vero che una grande mosca gialla, lotti per scappare dalla furia distruttrice di una patata gigante o dallo sguardo pietrificante di una umanoide legnoso ?

A noi umani coscienti e vigili, un dato sentimento o una particolare azione ,innescano un complicato processo di autodifesa ,se così si può chiamare. Il nostro inconscio prende in esame diversi fatti e i ricordi rimossi di fanciullo, i traumi subiti e gli archetipi . In base a ciò porta e stimola una reazione, attiva o passiva. Come è possibile invece che una povera mosca gialla ricordi le sofferenze? Non rimarrà nulla. Ma trovandosi al di fuori di uno di questi strani universi rimarrà solo l’ Urlo assurdo di una mosca gialla.

di Piero Colombani

 

 

Acquario siderale

(commento critico–poetico dal dipinto “La farfalla di ghiaccio” di Piero Colombani)

di Mauro Macario

Se il mondo nei suoi infusi chimici primordiali, nelle sue tisane venefiche in pastosa mescolanza, conteneva forme di vita embrionali ancora

La farfalla di ghiaccio, 1980 (particolare e intero) tempera e olio su tavola, cm 450 x 190 collezione privata-Varese Ligure

La farfalla di ghiaccio, 1980 tempera e olio su tavola, cm 450 x 190
collezione privata-Varese Ligure

irriconoscibili all’occhio scientifico, e nulla faceva presagire che da quei filamenti inintellegibili ma cangianti in continue mutazioni, sarebbe poi apparsa la vita codificata in schemi fisici configurati tra loro nelle diversità specifiche, in questo acquario siderale, tra freddi bagliori jonosferici e scure argille di sangue raggrumato, possiamo invece rilevare ( e rivelare ) la primordialità magmatica dell’immaginario infantile dell’autore, riconoscibile all’occhio umanistico, che negli interstizi di un apparato riproduttivo onirico cova i feti di una mitologia autarchica, un protodelirio visionario dove già si agitano le sue ossessioni future che da folletti fiabeschi diventeranno spettri inquietanti, angeli custodi rovesciati. Un acquario cosmico placentare dove creature aliene attendono la mano ostetrica-pittorica che le porti alla luce come orfane fameliche che si cibano del loro padre attraverso la bulimia del corpo artistico. Su quella carta assorbente dell’inconscio, macchie misteriose si allargano, si estendono, svaniscono e tornano cambiando identità, figura, volto, mascheramenti, in una danza lieve e opaca di ectoplasmi fluttuanti, sospesi come cavalli marini in assenza di gravità. Invertebrati di gelidi abissi improvvisamente accecati dalla luce di una torcia invasiva, affreschi scrostati di una subcoscienza restaurata da una coscienza estatica, cieche veggenze prenatali di uno Chagall psicotico, di un fanciullo, preda di incontenibili luccicanze, che abbandona l’innocenza di Disney per l’orrore di Bosch, molto prima di approdare alle rive fiamminghe di un nord europeo d’antico splendore.

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