Forse a molti potrà sembrare poco chiaro ed eccessivo scindere il mio linguaggio in pittura onirica e pittura visionaria. Se a molti potrà apparire quasi pretestuoso il confine sottile fra Onirico e Visionario, io sento di affermare che esiste una differenza notevole fra questi due linguaggi e periodi della mia vita pittorica.

Notte magica a Tellaro, 1983 (particolare “La rana fumatrice” e intero)
olio su tela, cm 200x 200
collezione privata
Nell’Onirico come ho già anticipato, le visioni di oscuri mondi e dimensioni parallele sono la realtà strutturale del dipinto, non esiste il Simbolo, la metafora figurale, tutto ciò che si vede è parte integrante di un’altra realtà. Le ambientazioni dei dipinti onirici sono irreali; perlomeno dal nostro punto di conoscenza della realtà.
Nel periodo Visionario l’elemento magico, misterioso e orrido è insito nella sua stessa natura: scorci di paesaggi montani marini, rupi rocciose e cieli tempestosi che fanno da sfondo ad eventi insoliti ed inquietanti. L’elemento Lovecraftiano è sempre presente come nel dipinto Notte magica a Tellaro. Altre esigenze culturali, lentamente, mi porteranno ad approfondire il mio linguaggio pittorico, staccando il legame viscerale che mi legava a Lovecraft, ma cercando di approfondire alcuni lati dei suoi mondi misteriosi come la mitologia Sumero-Babilonese, l’esoterismo Sufi e gli Apocrifi dell’Antico Testamento, che diventeranno per me fonte di profonda e permanente ispirazione.
A tale proposito, sottolineo come i pittori del XIV XV e XVI secolo, traessero riferimenti precisi ed immagini per le loro opere da antichi testi come le Metamorfosi di Ovidio e le Argonautiche di Appolonio.
di Piero Colombani

Il Caprone (nelle spire di Chtulu), 1987 (particolare e intero)
olio su tela, cm 250×200
collezione privata